Associazioni di categoria ed esperti del settore si schierano contro la tesi sostenuta da alcune trasmissioni tv che parlano di possibili legami tra diffusione del Coronavirus e allevamenti intensivi
Il settore zootecnico italiano alza la voce per difendersi da quelle che vengono definite come fake news circa le possibili relazioni tra inquinamento, allevamenti animali e Covid 19. Ribadendo inoltre di essere una delle filiere più sane e sostenibili al mondo.
Il riferimento è in particolare al servizio sul Coronavirus mandato in onda lunedì 13 aprile da Report che ha citato uno studio preliminare della Società italiana di medicina ambientale secondo cui ci sarebbe una correlazione tra la diffusione del Coronavirus in Pianura Padana e l’inquinamento da Pm10. A fare rumore sono state inoltre le inchieste di “Indovina chi viene a cena” a cura della giornalista Sabrina Giannini e “Sapiens” condotta dal divulgatore scientifico Mario Tozzi in cui si è parlato di allevamenti intensivi e industria alimentare con uno sguardo alle contraddizioni del settore e agli impatti ambientali della produzione di alimenti a base animale. Non è la prima volta che il comparto finisce nel mirino, considerato che gli ambientalisti sottolineano da anni il nesso che intercorre fra allevamenti intensivi ed emissioni inquinanti.
Accuse però respinte con fermezza dal comparto. L’assessore lombardo all’Agricoltura Fabio Rolfi ha bollato come fake news quanto emerso da Report. A lui si è aggiunto anche il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, che ha contestato il contenuto del servizio mandato in onda dalla trasmissione di RaiTre. A partire dal fatto che “da quando in Lombardia è cessato il traffico pesante e sono diminuite le attività industriali si è verificata una precipitazione in termini positivi di inquinamento a dimostrazione che gli allevamenti zootecnici con l’inquinamento nulla c’entrano”.
La zootecnia italiana, aggiunge Prandini, “è la più sostenibile a livello mondiale. Il nostro livello di emissioni è inferiore del 50% rispetto a Francia e Germania, nonché molto più basso rispetto a Spagna e Regno Unito. Uno studio dell’Università di Milano evidenzia inoltre come non sussistano legami tra la zootecnia e l’inquinamento delle falde in Lombardia”. Per poi sottolineare che “gli allevamenti zootecnici non c’entrano nulla col Coronavirus, altrimenti non si spiegherebbe come mai il virus ha colpito New York che non ha neppure una stalla”.
Sul fronte delle emissioni inquinanti del comparto si è espresso anche il professor Giuseppe Pulina, presidente onorario dell’Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali (Aspa) e presidente di Carni Sostenibili, che evidenzia come secondo l’Ispra (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) “tutta l’agricoltura italiana impatta per il 7% delle emissioni totali di gas serra, i trasporti per il 24% e l’energia per il 57%. In agricoltura meno del 5% delle emissioni è dovuta alla zootecnia, poco più del 2% alle coltivazioni. La produzione di carni in Italia emette il 3,5% dei gas serra nazionali”. L’esperto si scaglia inoltre contro il presunto ruolo giocato dalla zootecnia nella diffusione dell’epidemia di Coronavirus.
“Se la zootecnia è responsabile in minima parte delle emissioni di particolato in atmosfera, il suo coinvolgimento per quanto riguarda la diffusione del Coronavirus attraverso le polveri sottili, in base alle evidenze scientifiche, non sussiste affatto. Non solo, il Covid 19 non si trasmette agli animali zootecnici (suini e avicoli non hanno sviluppato il contagio), a maggior ragione laddove l’allevamento, essendo confinato, garantisce una maggiore biosicurezza”.
Un disappunto espresso anche da chi opera nel settore come Stefania Veneroni, amministratore delegato di Doxal che si occupa di nutrizione e cura degli animali da reddito con impianti di produzione in Brianza e in Umbria. “Il settore zootecnico italiano è una delle filiere più sane, più controllate e sostenibili al mondo. Basti pensare che in Italia operano 7 mila medici veterinari, dipendenti dalla sanità pubblica. Mentre in Francia e nel Regno unito questi ultimi, oltre a essere molto inferiori numericamente, sono peraltro dipendenti dalle filiere produttive attraverso i rispettivi ministeri dell’Agricoltura”. Si tratta di “un settore che rappresenta un’eccellenza del Made in Italy e che sta sostenendo l’economia del paese”. Un comparto, conclude, che “occupa anche tanti giovani e molte donne che hanno studiato e vogliono portare avanti le aziende dei nonni e dei padri e che andrebbero sostenuti, anziché denigrati”.
https://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-italia/le-storie/2020/04/17/news/la_zootecnia_italiana_va_al_contrattacco-254274258/